Seguici su facebook

Lo splendore avvelenato


La nostra casa è un vero e proprio arsenale chimico. Secondo l’amministrazione federale, dal 1969 sono stati notificati 140'000 prodotti chimici destinati alla vendita sul mercato Svizzero. La produzione mondiale è passata da 1 milione di tonnellate nel 1930 a oltre 300 milioni nel 2005. Sempre secondo le stime federali ciò corrisponde a una media di circa 50 chilogrammi per essere umano all’anno. Quantitativo con cui veniamo in contatto utilizzando solventi, acidi, liscive, insetticidi, disinfettanti o prodotti fitosanitari. Tra i vari prodotti coinvolti abbiamo voluto chinarci sui detersivi per il bucato.

Leggere l’etichetta del detersivo in verità non è complicato perché spesso non dice granché. I componenti sono indicati per categoria e mancano i nomi delle sostane vere e proprie. Di regola ci troviamo confrontati con le seguenti diciture: sbiancanti a base di ossigeno od ottici, tensioattivi anionici o non ionici, detergenti, sostanze coadiuvanti, profumi, agenti vari, enzimi, senza ulteriore specificazione. Fanno eccezione alcuni ingredienti con classe di tossicità, che sono segnalati al fine di informare il medico in caso di incidenti.

Per una lista esaustiva delle singole sostanze contenute è dunque necessario informarsi dal fabbricante, ma gli elementi in nostro possesso già bastano per farci un’idea del prodotto. Uno ingrediente assai interessante è il solfato di sodio; c’è chi dice sia un mero riempitivo, cioè un espediente per aumentare a basso costo il contenuto della confezione; chi un modo per evitare il formarsi di grumi nella polvere detergente; probabilmente è ambedue. Presente in elevata quantità nei detersivi, anche oltre il 30%, ha l’effetto indesiderato di rendere la biancheria ruvida – da qui la necessità dell’ammorbidente - e, disperso nell’ambiente, concorre a innalzare il livello di salinità delle acque. “Le industrie che producono residui di solfato di sodio hanno trovato nel mercato dei detergenti la gallina dalle uova d’oro. Invece di assumersi i costi di smaltimento vendono il solfato ai fabbricanti di detersivi, che lo utilizzano per aumentare il volume dei loro prosotti. In pratica si vendono scarti a basso costo a prezzo elevato” ci dice Erika Tonizzo, rappresentante per il Ticino della linea Ha-ra, un concetto di pulizia meccanico ideato dal tedesco Hans Raab, che ha come obbiettivo la riduzione ai minimi termini dell’utilizzo di sostanze detergenti.

Il corrispondente del riempitivo, nel detersivo liquido, è l’addensante; aggiunto al solo scopo di aumentare la viscosità del prodotto così da creare nel consumatore l’illusione di maggiore morbidezza ed efficacia. Una trappola psicologica a cui siamo oramai assuefatti è poi quella dei coloranti; sostanze prive di qualunque utilità - se non quella di attrarre il potenziale acquirente - che troviamo anche in detersivi e ammorbidenti.

Restando nell’ambito dei colori vi è poi il concetto instillato dalla pubblicità del “lavare più bianco del bianco”. A lavare innanzitutto è l’acqua, aiutata dai tensioattivi che ne riducono la tensione superficiale favorendone le proprietà detergenti. A questi troviamo spesso associati degli enzimi, rigorosamente OGM, che distruggono le macchie di sugo, cibi, sangue ecc. ma possono essere causa di allergie. Per un bucato “più bianco del bianco” occorrono poi i candeggianti chimici od ottici. I primi liberano ossigeno, che aggredisce lo sporco, e con esso i colori e i tessuti, causando logoramento e sbiadimento della biancheria. Essi sono contenuti in parecchi detersivi, quando converrebbe perlomeno limitarne l’uso al bucato bianco.

Gli sbiancanti ottici, o azzurranti, invece non lavano, ricoprono. Queste sostanze sono introdotte nei detersivi per puri motivi estetici. Esse si depositano sulle fibre del tessuto per rendere visibili ai nostri occhi le radiazioni ultraviolette, che di regola non percepiamo. In questo modo viene percepito bianchissimo ciò che in realtà non lo è. Oltre ad essere difficilmente biodegradabili gli sbiancanti ottici possono causare allergie in soggetti sensibili.

Per chi desiderasse lavare in modo più sobrio esistono sostanzialmente due strade: affidarsi a produttori di detersivi ecologici o riesumare il sapone di Marsiglia, quello originale, derivato dai vegetali e perfettamente biodegradabile. La prima soluzione è decisamente costosa e non sempre mette al riparo da sostanze indesiderate. Pochi sono ad esempio i produttori di detersivi cosiddetti ecologici che osano rinunciare agli enzimi. Qua e là in cercando internet abbiamo visto spuntare nelle loro formulazioni anche riempitivi e addensanti. Decisamente boicottati dal settore sono invece i candeggianti ottici. In conclusione la definizione “detersivo ecologico” è vaga e richiede la personale verifica delle formulazioni, senza contare le trappole semantiche e visive, con etichette che sovente mostrano paesaggi bucolici anche dai fustini dei prodotti più tossici.

Il fai da te è forse più laborioso, soprattutto bisogna farci il vezzo, ma è decisamente economico ed ecologico, come si può dedurre dalle semplici ricette proposte a lato. Dall’india giungono poi delle noci che, da tempo utilizzate industrialmente per estrarne la saponina, si possono mettere direttamente in lavatrice per un’azione – ci dice chi le ha provate – soddisfacente.

Evidentemente non si può avere la botte piena e la moglie ubriaca - o la botte vuota e il marito sobrio - fatto sta che un detersivo composto da sostanze poco aggressive nei confronti dei tessuti e rispettose dell’ambiente laverà al massimo bianco come il bianco, e non di più, a volte di meno. Un compromesso potrebbe essere riservare un detersivo più aggressivo al bucato particolarmente sporco e sperimentare nuove vie per lavare i panni colorati, delicati o tendenzialmente puliti, che sempre più spesso vengono messi in lavatrice.

 

Bucato con le noci

Le noci da bucato sono i frutti delle Sapindus mukorossi, piante coltivate ed utilizzate da secoli in India e Nepal. Possono essere utilizzate per il bucato mettendole direttamente in lavatrice, oppure per le pulizie di sanitari, stoviglie e pavimenti tramite il decotto ricavato facendo bollire alcuni gusci in acqua per qualche minuto.

Le noci indiane contengono dall’11 al 14 percento di saponina, sostanza che rilasciano nell’acqua a partire da una temperatura di 30° centigradi, e che potenzia le caratteristiche detergenti dell’acqua. Lavando con le noci si può tranquillamente rinunciare all’ammorbidente. Con biancheria bianca i produttori raccomandano l’aggiunta di uno sbiancante non dannoso per le piante quale bicarbonato di sodio. Le noci, se ne mettono tre o quattro gusci direttamente il lavatrice, possono essere usate più volte ed inseguito smaltite nel composto. Secondo i produttori una famiglia di 4 persone con 2-3 lavaggi di 3 kg alla settimana può lavare, con un chilo di noci pulenti, per un anno intero. In Ticino le troviamo in vendita presso i negozi specializzati di prodotti biologici a un costo di circa Fr. 15.- per 500 gr. Con 300 gr. possono essere effettuati dai 60 ai 70 lavaggi.

Le noci non profumano il bucato; è però possibile aggiungere direttamente al sacchetto in dotazione qualche goccia di olio essenziale di proprio gradimento.


Shampoo alla saponaria

La saponaria (Saponaria officinalis) è il corrispondente locale delle noci indiane. Ambedue contengono infatti un elevato tenore di saponine, che nulla hanno a che vedere con il sapone, ma che agiscono come tensioattivi naturali aumentando il potere detergente dell’acqua. Pare già presso gli Assiri, ma pure nelle nostre campagne, la saponaria era utilizzata per sgrassare la lana, ripulire le stoffe e dare risalto ai ricami.

Un decotto di saponaria, ottenuto facendo bollire le diverse parti della pianta e dopo essere stato filtrato, può essere inoltre usato per rinforzare capelli fragili e sfibrati o detergere le pelli delicate o affette da acne o psoriasi.

Attenzione, in dosi elevate le saponine possono essere velenose, evitare che i bambini possano ingerire il decotto.

Rivista Gente Sana - giugno 2007