Il prossimo 19 settembre EGK-Cassa della salute organizza, in collaborazione con il medico sportivo Reto Pezzoli, una conferenza inerente attività fisica, salute e invecchiamento. Abbiamo approfittato della disponibilità di Pezzoli per una chiacchierata su malefici e benefici dello sport.


Vi sono casi in cui l’attività fisica è nociva?

Lo sport è lesivo quando si oltrepassano i limiti biologici. Questo avviene spesso nello sport d’élite.


Lei sconsiglia dunque di praticare sport d’élite?

No, credo che ognuno goda del libero arbitrio. Come medico sportivo rendo attenti sulle origini di un eventuale disturbo e se possibile cerco di indicare una soluzione. Ad esempio, se ad una persona pedalando per duecento chilometri viene il mal di schiena, non gli consiglio di farne solo cento, ma cerco l’origine del problema, che può essere un’errata posizione sui pedali o una bicicletta inadeguata, in modo da permettergli di compiere tutti i chilometri che vuole.

Per quanto riguarda gli sportivi d’élite si può paragonare il loro caso a quello di un fumatore: sappiamo che ha un comportamento a rischio, e glielo facciamo notare, ma se non smette lo aiutiamo comunque a convivere con i problemi di salute che ne derivano.


D’altronde la sedentarietà è peggio…

La sedentarietà, in Svizzera, è seconda solo al fumo nel generare problemi di salute. L’attività fisica è dunque un atto preventivo definito a “cascata”, in quanto previene l’insorgere di patologie di diverso ordine: cardiovascolari in primis, ma anche di soprappeso e mentali, ad esempio.


Esistono sport meno raccomandabili di altri?

Le lesioni sportive si manifestano soprattutto laddove vi è velocità. Sci, hockey, calcio, sono più problematici rispetto ad esempio al walking o al nordic walking che sono praticamente privi di rischi. Il fattore di pericolo può però essere ridotto adottando un corretto approccio alla disciplina.


Quali sono i compiti del medico sportivo?

Ci occupiamo di chiunque pratichi attività fisica, dall’amatore occasionale al professionista. Il nostro lavoro si estende ai più svariati settori: consigliamo il materiale, l’alimentazione; il programma di allenamento o come procedere in caso di malattie e lesioni. Promuoviamo la pratica dell’esercizio fisico e sensibilizziamo contro il ricorso al doping. Il nostro è un intervento principalmente di tipo preventivo, ciò che permette alla società di risparmiare molto in termini di benessere e spesa sanitaria. Peccato che gli assicuratori malattia non lo riconoscano e tendano a sostenere soprattutto le prestazioni di riparazione anziché di prevenzione.


Consiglia di rivolgersi a un medico sportivo prima di intraprendere una nuova attività sportiva?

No, non è sempre necessario. Direi che è consigliato soprattutto a coloro che superano i trentacinque o quarant’anni di età e intendono avvicinarsi a un tipo di attività fisica vigorosa (ciclismo, corsa in salita,…), soprattutto se in soprappeso o con disturbi al sistema cardiovascolare.


Lei si occupa di alimentazione nello sport. Quali sono le carenze alimentari maggiormente riscontrate in chi pratica esercizio fisico?

I problemi più comuni sono la disidratazione, la carenza di zuccheri e di ferro. Maggiormente percepibili anche dall’atleta le prime – seppur nel corso degli anni ne abbia viste un po’ di tutti i colori – la seconda può invece passare inosservata per lungo tempo, anche per anni. Un sintomo classico dell’anemia è la diminuzione della prestazione fisica.


Oggi si parla diffusamente di doping. Con quali parametri si definisce una sostanza dopante?

Le sostanze considerate doping sono elencate da una speciale commissione in un apposito documento annualmente aggiornato (www.dopinginfo.ch). Qualsiasi sostanza non inclusa nella lista non è dunque considerata doping, qualsiasi sia l’origine e l’effetto. Per elaborare l’elenco vigono attualmente due principi. Il primo è volto a proibire tutte le sostanze che migliorano la prestazione ma ledono alla salute degli atleti. La legge è stata infatti adottata in seguito al decesso di diversi sportivi in seguito all’assunzione di questo genere di composti. Il secondo è una questione di fair play. Molte sostanze “dopanti” hanno un costo elevato e non tutti se le possono permettere; per questa ragione sono state proibite. Si tratta di un’autoregolamentazione decisa nello sport. Vi sono invece altri ambiti non regolamentati, penso all’ambito professionale o artistico. Nessuno si scandalizza ad esempio se un musicista migliora la prestazione in un concerto attraverso l’assunzione di sostanze specifiche.


Quanto è diffuso il doping a livello amatoriale?

Il doping non si riscontra in ambito amatoriale in quanto queste sostanze sono costose e difficili da reperire. Può succedere invece che l’amatore ricorra all’ausilio di alcuni medicamenti; una pratica assai pericolosa che sconsiglio vivamente.


Gli scaffali di supermercati e negozi sportivi offrono una vasta gamma di integratori alimentari. Il loro utilizzo è consigliato?

Spesso si tratta di sostanze inutili attorno cui è stato creato un affare milionario. Al di là delle classiche barrette, che sono un modo pratico per disporre di nutrimento nel corso di un esercizio fisico, così come le bevande apposite, il resto è spesso fumo negli occhi. Vi sono campagne marketing che propongono una gamma di prodotti prima, dopo, durante l’attività sportiva, ad esempio per modellare il corpo dei culturisti. Normalmente si tratta di prodotti paragonabili al latte in polvere che si può comprare al supermercato a una spesa decisamente più contenuta. Sono dunque prodotti neutri sia dal profilo della salute che della prestazione; meno da quello del portafoglio.

Rivista Gente Sana - luglio 07