“Vi sono così tante conoscenze e così tante possibilità sulla Terra, e le persone costruiscono bombe atomiche anziché luoghi di pace. Io non partecipo. Dedico la mia vita alla costruzione di una comunità per l’amore”.
Così si presenta Michael Tarozzo, che con la compagna Lucienne, ha dato avvio a un progetto di comunità nel canton San Gallo, in cui sono attualmente coinvolti Markus, Hinke e René coi due figli adolescenti.
Cresciuto in Ticino, Michael si è laureato in scienza di ingegneria meccanica al Politecnico di Zurigo, ha lavorato in seno a Greenpeace e nell’ambito della progettazione di impianti solari. Nel 2008 frequenta per un anno e mezzo la formazione Monte Cerro Peace Education, compreso corsi di Ecovillage Design Education alla comunità di Tamera, in Portogallo, dove acquisice le competenze per la creazione di villaggi ecologici e di pace – Healing Biotope. “L’esperienza a Tamera ha rinfrancato la mia fiducia e alimentato il mio ottimismo riguardo la possibilità di creare modelli sociali reali in cui tutti possano vivere in pace con se stessi, con gli altri e con madre natura”.
Fondata nel 1995 Tamera conta oggi quasi duecento abitanti e studenti accomunati dal desiderio di costruire e pensare in modo sostenibile, rispettare la vita in tutte le sue forme, essere solidali e coltivare l’amore per il prossimo, sperimentando un modello sociale volto a sostituire il sistema della supremazia. Assumendosi la responsabilità delle proprie azioni e dei propri pensieri, rendendosi trasparenti nei campi più importanti della vita, quali potere, sesso, amore e soldi. La relazione tra i sessi è particolare oggetto di studio a Tamera dove si afferma: “Non può esserci pace nel mondo fintanto vi sarà guerra in amore”. Il Gemeinschaftsprojekt ricalca l’orientamento di Tamera: “Vogliamo sperimentare una convivenza basata su verità, sincerità, cooperazione e fiducia. Non abbiamo soluzioni per le mani; ad accomunarci è l’attitudine di ricerca, osservazione, dialogo e condivisione con cui affrontiamo il quotidiano con le sue sfide e difficoltà. Si tratta principalmente di conoscere se stessi e aprirsi all’altro con profonda sincerità, e con profonda sincerità accogliere l’altro, senza giudizio ma con consapevolezza e sostenensodi a vicenda. Decidere di vivere nella cooperazione, nella pace e nell’amore non è infatti un punto di arrivo, ma un punto di partenza. Durante il viaggio si incontreranno delle caratteristiche personali che non coincidono con questa visione. Aggressività, potere, ambizione, egoismo sono parti dell'odierna umanità tanto quanto amore, empatia, umiltà, altruismo. Si tratta di riconoscere le une e le altre; osservarne l’insorgenza, le origini, i vantaggi e gli svantaggi che portano. In una parola divenire consapevoli dei propri meccanismi interiori e decidere quali tra questi coltivare e portare nel mondo. Il gruppo è in questo senso di grande supporto, permette punti di vista diversi, dà una forte carica energetica, sostegno emotivo e pratico, e rappresenta un’impareggiabile risorsa”.
Quando entriamo con qualche minuto di ritardo alla Casa del Popolo di Bellinzona, non abbiamo la minima esitazione. Michael incarna il nostro stereotipo di persona alternativa. Grosso maglione in lana colorata, capelli un poco scompigliati, ha appena afferrato la spremuta d’arancia e ci volge uno sguardo sfavillante coronato da un largo sorriso. Evidentemente non ha avuto esitazioni nemmeno lui. Siamo subito a nostro agio, complici anche le poltroncine rosse di un locale rimesso a nuovo, e una certa comunanza di vedute.
“Quando vedo i moderni nuclei famigliari negli Stati Uniti e in Europa con un padre, una madre e un paio di figli mi chiedo: dove sono tutti gli altri?”, afferma Sobonfu Somé, una delle più celebri voci spirituali dell’Africa contemporanea, andando a mettere il dito in una piaga che duole in modo latente nei figli di una civiltà votata all’esacerbato individualismo.
“Da quando parlo alla gente di questo nostro progetto ho scoperto che sono numerosissime le persone interessate a forme di vita comunitaria, le persone che ci hanno in qualche modo già pensato, possibilisti, insomma. Vi è entusiasmo, curiosità, comprensione. Soprattutto voglia di condivisione”. Si tratta forse del retaggio di tempi in cui si era giocoforza meno individualisti, o del bisogno umano di appartenere a un gruppo, come sostengono a Tamera secondo cui la forma originale di comunità non era la famiglia ma la tribù e annotano: “Comunità e individuo non sono in contraddizione: l’autentico individualismo può svilupparsi unicamente in un contesto di fiducia. Vivere in comunità significa vivere basati su di essa anziché basati sulla vita privata. È forse questo il cambio di paradigma più radicale da effettuare”. Chi crea una comunità è spinto dalla volontà di sperimentare, tradurre in pratica concetti di pace e fratellanza considerati affascinanti dai più ma percepiti spesso come pura utopia. Chi crea una comunità è sostanzialmente un ricercatore e un ottimista. Ma come partire in pratica? Come trovare persone disposte a credere nel proprio progetto, come fondarne le basi e affrontare gli inevitabili ostacoli con cui ci si trova confrontati?
“Una sera, con Lucienne, ci siamo seduti a tavolino e abbiamo determinato qual’era la nostra idea di comunità. Ne è nato uno scritto contenente la nostra visione. Queste righe nero su bianco sono state l’inizio del nostro progetto, la prima concretizzazione. In seguito abbiamo mostrato queste pagine ad amici con i quali da anni parlavamo di nuove forme di convivenza, e dopo lunghe cene e serate in sauna sono saltati i tappi: il cuore della comunità ha preso forma. Abbiamo organizzato serate informative, workshop e weekend in comunità; abbiamo visitato altri progetti, parlato a conferenze e si é creata una rete di membri che vogliono partecipare ognuno con la propria intensità. Come nucleo siamo rimasti sempre noi cinque, ma la volontà di crescere é grande: con la giusta velocità il gruppo crescerà! Vi sono numerose questioni pratiche da affrontare. Di nuovo non crediamo esistano soluzioni preconfezionate ma un’attitudine costruttiva nell’affrontare le discussioni. Personalmente credo che molti progetti comunitari falliscano perché si saltano le tappe intermediarie che portano a una solida base di fiducia. Soldi e potere sono due fattori che creano facilmente conflitto tra le persone. Prima di stabilire regole è dunque necessario essere consapevoli di cosa questi temi rappresentino per noi, perché ogni conflitto va risolto prima dentro di noi, altrimenti non è possibile risolverlo fuori, con gli altri. Si tratta dunque di parlare a cuore aperto, conoscersi e costruire in questo modo l’indispensabile fiducia su cui fondare un percorso comune. Ci vuole tempo e continua voglia di mettersi in discussione”.
Al momento i membri del Gemeinschaftsprojekt vivono in una moderna fattoria alla periferia di Uznach. Sono impegnati in attività di crescita personale e allo studio delle dinamiche che sorgono nel gruppo. Organizzano e sostengono attività e manifestazioni a favore della pace e offrono attività di espressione corporea, massaggi, corsi di meditazione, consulenze per coppie in ambito sessuale e incontri per donne, mettendo a frutto le conoscenze professionali dei membri.
Maggiori informazioni sulla comunità si possono trovare nel loro sito web www.gemeinschaftsprojekt.ch