A partire dalla metà degli anni Ottanta, in alcuni paesi europei prese a diffondersi, ad opera di un anziano monaco giapponese, un metodo terapeutico semplice e originale, conosciuto come “Terapia del Soffio”. Già il solo poter incrociare nella propria vita questo piccolo monaco itinerante, un autentico vagabondo buddista, era di per sé un “evento terapeutico”. Al di là del metodo che proponeva, e che generosamente si offriva di applicare alle persone che ne facevano richiesta, anche il semplice entrare in contatto con questo curioso personaggio poteva trasformare la vita. Infatti vederlo così anziano, all’epoca di cui parlo aveva già quasi ottant’anni, girare il mondo con leggerezza per aiutare le persone che chiedevano di lui e della sua terapia senza alcun calcolo e senza mai l’idea di poterne ricavare profitto, ai tempi nostri aveva dello straordinario. Questa cosa entrava nel cuore delle persone e lasciava un’impronta importante.
Naoji Inoue “Muhen” (1909-2000) era un monaco legato alla tradizione del buddismo zen. Diceva di sé di aver avuto, quand’era più giovane, un’intuizione importante che gli era stata suggerita direttamente da Avalokitesvara, il mitico Buddha della compassione nella tradizione del buddismo Mahayana. Questa intuizione consisteva nel soffiare, secondo certe modalità, su punti e zone del corpo delle persone per aiutarle a guarire dai propri acciacchi.
Il nome Muhen, tempo addietro, gli era stato posto da un suo maestro e nella traduzione ha il significato di “senza limite” o anche “senza confine”. Di fatto il nome corrispondeva poi esattamente a quello che era la sua vita: girare il mondo in lungo e in largo per portare aiuto alla sofferenza delle persone. In questo suo “sconfinato” e continuo girare lo sosteneva il suo “illimitato” senso di compassione per la sofferenza umana. Per mitigare questa sofferenza proponeva appunto questa pratica che gli era stata suggerita in sogno dal grande Bodhisattva Avalokitesvara: la “Terapia del Soffio”.
Ho avuto la buona sorte di incontrare il Maestro Muhen nella seconda metà degli anni Ottanta. In quel tempo egli era ospite di alcuni amici in un paese della Brianza, in provincia di Lecco. Data la vicinanza (abitavo a Monza) cominciai a frequentarlo regolarmente e potei così conoscere direttamente dal suo insegnamento il metodo terapeutico che proponeva. Lo seguivo assiduamente, assistendo agli incontri nei quali parlava della sua terapia e aiutandolo quando era all’opera con le persone che a lui si rivolgevano per qualche problema di salute. Il rapporto divenne così molto intimo e amichevole e da lui, oltre alla terapia, ebbi la fortuna di imparare anche altre cose.
Inoue Muhen non era solo una sorta di monaco guaritore, era in primo luogo un religioso buddista che aveva fatto della com-passione per la sofferenza la ragione della sua vita. Il suo comportamento e il suo stile di vita erano completamente nel solco di questa tradizione. Da qui, da questo cuore religioso, prendeva energia quella leggerezza che gli permetteva di affrontare la vita senza mai angustiarsi per quel che gli sarebbe capitato in sorte. Anche il bagaglio con il quale si muoveva per il mondo era estremamente leggero: un piccolo trolley e un violino che amava suonare ogni giorno. Quando morì, di lui scrissi che ci aveva lasciato, insieme alla terapia del soffio, anche una visione della vita “in grande”.
Questa visione aveva radice proprio in questo suo percorso religioso. Fedele all’insegnamento dello zen, ogni giorno dedicava ampio spazio alla meditazione e continuamente ne raccomandava a tutti la pratica. Il sostegno della sua via di compassione per la sofferenza stava proprio lì dentro.
Per la sua terapia del soffio e per la sua disponibilità a muoversi dove veniva richiesto, divenne un personaggio piuttosto conosciuto in molti paesi d’Europa. Particolarmente l’Italia, la Svizzera e la Francia, paesi dove più spesso soggiornava per lunghi periodi. Su di lui uscì anche un libro, in Italia, verso la fine degli anni Novanta. Fu proprio in quell’occasione che mi disse che si aspettava da me che scrivessi di lui. Ne ebbi piacere ma la cosa restò nell’aria senza conseguenze. Fu dopo la sua morte, avvenuta in Francia nell’ottobre del 2000, che cominciai a pensarci seriamente. Mi sembrava del tutto doveroso che il suo insegnamento non andasse perso, in più c’era il fatto che me l’aveva anche chiesto espressamente.
Così cominciai, qualche tempo dopo, a mettere insieme ricordi e documenti e a scrivere le prime pagine. Nel mese di marzo di quest’anno, grazie ad una piccola ma molto interessante e vivace casa editrice italiana, il libro ha visto finalmente la luce (“Il Libro dei Soffi. La via di guarigione del Maestro Inoue Muhen” - Bellavite Editore 2013).
Ho cercato di illustrare la “Terapia del Soffio” da diversi punti di vista, due in particolare. C’è un primo modo, molto semplice e alla portata di tutti, per utilizzare questo metodo. Semplice dal punto di vista della tecnica (come soffiare) e dal punto di vista della scelta dei punti e delle zone (dove soffiare). Questo approccio semplice e diretto permette della terapia del soffio un uso domestico e casalingo: con il partner piuttosto che un genitore o un figlio o un amico.
C’è poi un altro modo più sofisticato, che potrei anche definire più da professionisti. Questa seconda modalità si propone di utilizzare la tecnica del soffio come un metodo per la stimolazione di alcuni punti della Medicina Tradizionale Cinese, alla stessa stregua di altri metodi in uso (pressioni, applicazione del calore ecc.).
A proposito di questa seconda modalità aggiungo che, negli ultimi tempi, ho potuto scoprire che anche in qualche ambiente dell’agopuntura (almeno in Italia) c’è una ricerca in tal senso. Cioè l’utilizzo del soffio sui punti di agopuntura. Non conosco, almeno per il momento, quali possono essere differenze e punti di contatto con il metodo che proponeva Muhen, ma credo che ci possa essere un interessante terreno di ricerca comune. Credo anche che questa ricerca possa poi essere di grande interesse per chi lavora, a vario titolo, con le discipline energetiche. Posso aggiungere ancora che, nella mia piccola esperienza (personale e con il Maestro Muhen) ho potuto vedere che l’utilizzo del soffio su alcuni punti classici dell’agopuntura ha sempre dato buoni risultati.
Ma, come dico sempre, Muhen non era solo il Maestro dei Soffi, era anche un grande Maestro di vita. Nel libro ho voluto quindi riservare uno spazio ampio a quello che è stato l’insegnamento più generale che ho potuto raccogliere frequentando quest’uomo per anni.
La seconda parte del libro è quindi ampiamente dedicata allo Zen e alla meditazione a cui il Maestro faceva sempre riferimento. Per illustrare questo aspetto ho riportato le sue parole raccolte in occasioni diverse, incontri pubblici e conversazioni private. Ho però voluto anche riportare alcuni antichi testi giapponesi, sempre sull’argomento della meditazione e, più in generale, sul buddismo. Questa seconda parte rappresenta l’altro aspetto del Maestro e dei suoi insegnamenti.
Il libro si chiude poi con una terza parte che riporta quello che, personalmente, io credo sia il lascito spirituale del Maestro.
Quella che propongo nel libro, in sostanza, è una storia. Mi riguarda personalmente ma ha riguardato allo stesso modo tantissime persone. In tutti noi l’incontro con questo piccolo monaco venuto dal Giappone e “apparso” nelle nostre vite come dal nulla, è stato fondamentale. Un libro non è la stessa cosa ma almeno la memoria di questo passaggio è salva. E forse potrà anche dare ancora altri frutti.

Massimo Beggio - Gente Sana settembre 2013

Massimo Beggio presenterà il Libro dei soffi giovedì 3 ottobre alle 20.30 al Centro Il punto d’Incontro ad Arbedo, e venerdì 4 ottobre alle 10.30 alla Libreria Wälti a Lugano.